LESA

Stabilimento LESA,Via Bergamo



Chi passa oggi in via Bergamo, dove ora c’è Prada tra le vie Cadore e Morosini, non sa forse di passare accanto ad un pezzo di storia industriale italiana. Quel palazzo era infatti lo stabilimento di una delle aziende italiane all’avanguardia nel campo della fonia e forse molti ricordano che sul muro laterale campeggiava una scritta blu attraversata da un lampo rosso: il logo della LESA.

La LESA nasce nel 1929 in corso Italia come piccola impresa artigianale con tre operai e due titolari, ma rapidamente si espande costruendo uno stabilimento in via Bergamo che la guerra vede in parte distrutto, ma prontamente rimesso in grado di riprendere la produzione. Agli inizi degli anni 50 la forza lavoro arriva a 800 dipendenti.

È in questi anni che inizia l’avventura di Edgardo Magnaghi, disegnatore progettista meccanico, come direttore di una delle tre sezioni tecniche della LESA “e avevo ben 14 collaboratori disegnatori. E pensare che oggi ne bastano quattro per i lavori che facevamo allora”.



Sotto la conduzione oculata del suo proprietario l’attività della ditta si amplia, assume sempre maggiore importanza nel campo commerciale divenendo l’unica azienda italiana in grado di produrre giradischi di alta qualità e per quei tempi all’avanguardia. Anche la componentistica per apparecchi, non solo del settore, dimostra la propria validità in campo non solo nazionale, al punto che via Bergamo non è più sufficiente: nascono lo stabilimento di Tradate (per il settore della fonia) nel 50 e nove anni dopo quello di Saronno (la cui produzione era indirizzata agli elettrodomestici), ognuno occupando mille persone.

“Le industrie erano i nostri maggiori clienti. La Mivar (che per chi non lo sapesse aveva iniziato la sua attività in zona 4 in via Strigelli) era un cliente fantastico per la LESA. Costruiva le radio con i giradischi che erano i nostri, come faceva anche l’Autovox e altri nomi importanti. Chi faceva radio con il giradischi comprava il giradischi LESA. A livello componentistica la LESA faceva potenziometri, resistenze a filo o a strato resistivo, e anche in questo era unica, esportavamo anche in Giappone”.

A questo riguardo bisogna precisare che non esisteva solo LESA Italia, c’era anche LESA France, LESA USA (“Lì avevamo una sede che si occupava di ricerche di mercato per “piazzare” i nostri giradischi con il design americano”), LESA Germania e LESA Svizzera a riprova della potenzialità di questa industria.
“Negli ultimi anni si era allargata. Il direttore Meoni era andato in America a studiare il mercato ed era tornato con elettrodomestici di piccole dimensione, che poi sono entrati in produzione”.

Poi avviene l’inevitabile.
“È stata una cosa logica. Non poteva reggere il progresso. Se non c’è la possibilità di costruire quello che c’è in un giradischi non c’è la possibilità di reggere la concorrenza. I motori dei giradischi dovevamo comprarli in Giappone con i costi che ne conseguivano. Anche quando ci siamo messi a produrli in proprio avevamo comunque bisogno di certi componenti che arrivavano da là. Non c’era nessuno che in Italia che producesse integrati o altri componenti”.

E qui il discorso finisce sugli ultimi tempi della LESA, che per i motivi di cui si diceva prima e per il fatto di non poter far fronte alla concorrenza dei prodotti dagli occhi a mandorla cominciò la fase calante.

“Nel 1972 viene dichiarata fallita – dice con un po’ di rammarico Edgardo -. La sede di via Bergamo fu occupata per quattro mesi, siamo finiti anche in parlamento con alcune interpellanze per far sì che non finisse la storia della LESA, ma alla fine venne alzata bandiera bianca. Fu creata la Gepi, che ritirò il fallimento. La LESA venne inglobata nel gruppo Seimart (dove c’era anche la Magnadyne di Torino) e divisa in due settori: la Panta nello stabilimento di Tradate, per il settore giradischi, e gli “irriducibili” di via Bergamo confluirono nella Seli (Società elettronica lavorazioni industriali) con sede in via Vitruvio e poi a Sesto San Giovanni. Infine – e il rammarico si accentua nella voce di Edgardo - nel 1984 tutto svanisce”.