1930-2003 LA RADIO E LA TV IN ITALIA
Partendo dagli anni '30, l'industria elettronica italiana
ha sempre avuto un ruolo importante nell'economia.
Fu allora che i primi apparecchi radio entrarono nelle
famiglie a reddito medio-alto con il nome dei primi costruttori come: BACCHINI -
CGE - MARELLI - SAFAR - SUPERLA - PHONOLA - VOCE DEL PADRONE - GELOSO - UNDA e
man mano IRRADIO - PHILIPS - MAGNADYNE - WATT - IMCA - DUCATI - MINERVA e
qualcun altro.
Certo non eravamo al livello degli stranieri più evoluti,
comunque avevamo scuole specializzate diurne e serali e tecnologie decenti che
se non ci permettevano di competere in campo internazionale, ci garantivano
quasi il 100% del mercato italiano.
Da ricordare la radio BALILLA che progettata con
caratteristiche standard, fu prodotta da tutte le società citate.
La fine della guerra (1945) diede inizio alla diffusione
di massa della radio.
Infatti oltre allo sviluppo delle società esistenti
vennero formate nuove società come: INCAR - NOVA - CONDOR - AUTOVOX - VOXSON -
BRION-VEGA - LIBERTAR - COSMOPHON - SINUDYNE - ULTRAVOX - TRANS-CONTINENTS -
SELECO oltre ad una ventina di cosi dette RADIO CANTINA come la MIVAR che però
nel giro di un decennio diedero del filo da torcere ai grandi nomi italiani e a
quelli stranieri che nel frattempo calavano in Italia con marchi prestigiosi
quali: TELEFUNKEN - GRUNDIG - SABA - NORDMENDE - RCA - WESTINGHOUSE - EMERSON -
DUMOND - PHILCO - ADMIRAL.
Il confronto con lo straniero venne sostenuto
egregiamente dalla nostra industria grazie alla componentistica nazionale che
aveva nella GELOSO il suo leader.
Lo sviluppo del settore fu continuo anche perchè la
televisione moltiplicò addetti e
fatturato fino alla fine degli ANNI '60.
L'inizio degli ANNI '70 segnò l'avvio della sistematica
eliminazione dei nomi importanti quindi gradualmente la sparizione di quasi
tutte le società della componentistica in quanto cominciarono ad apparire nomi
giapponesi con buoni prodotti finiti, ma soprattutto con evoluti componenti che
accoppiati alle loro macchine assemblatrici davano vantaggi tali da non lasciare
scampo ai nostri costruttori.
Furono infatti i nomi come: SONY - TOSHIBA - SANYO - FUJI
- PANASONIC - MITSUBISHI - HITACHI a dare una mazzata agli italiani ed agli
altri europei.
Quasi non bastasse tutto questo ecco i coreani con
SAMSUNG - ORION - DAEWOO - GOLD STAR e ultimamente i TURCHI che stranamente
hanno una produzione di T.V. quattro volte quella italiana.
Malgrado tutto la MIVAR detiene circa il 34% del mercato
italiano e produce circa il 55% dei T.V. prodotti in Italia
Qualche precisazione (da parte mia) delle marche citate:
la BRION-VEGA, che credevo fallita da tempo, esiste ancora in quel di Pordenone;
la GOLDSTAR dovrebbe essere l'attuale LG; il marchio TELEFUNKEN è sparito
dall'Italia circa 6-7 anni fa (almeno io non vedo un prodotto di tale marca da
questo lasso di tempo) mentre il marchio PHILCO non esiste più nel nostro Paese
dal 2003-04, quando la INDESIT COMPANY (ex MERLONI) di Fabriano ha acquistato lo
stabilimento di Brembate di Sopra (BG) di questa famosissima industria
elettronica americana.
Piccolo OT riguardante la SINUDYNE: nel 2003-04 questa
ditta emiliana sponsorizzava l'album Calciatori Panini, e sul retro delle
figurine c'erano delle simpatiche filastrocche che terminavano con SINUDYNE, tra
cui spiccava la seguente: VUOI VEDERE LE VELINE? O DIVENTI CALCIATORE, O TI
COMPRI UN SINUDYNE! In quel periodo ero innamorato della famosa mia compaesana
classe '89 col fidanzato armadio e il padre campione di body building, che aveva
(ed ha tuttora) un vero fisico da velina (attualmente fa la modella, quindi
siamo sulla buona strada) e, quindi, dissentivo totalmente da quella frase, con
questo ragionamento: perchè dovevo essere costretto a diventare calciatore o
comprarmi un SINUDYNE? Per continuare a vederla (perchè a me bastava solo
vederla, come oggi con Debora) doveva diventare LEI velina! Mio fratello stava
sempre a prendermi per i fondelli per questo, ma per fortuna il 26 febbraio
riuscii a far fare una foto a questa ragazza, in modo che la potessi vedere
sempre. Insomma da allora quella frase stampata sul retro delle figurine potevo
leggerla senza arrabbiarmi, ma, paradossalmente, in quello stesso periodo mio
fratello cominciò a non comprare più le figurine!!!!!!!
P. S. Sapete se la DUCATI citata è la stessa delle moto?
La ZEROWATT è stata acquistata tempo fa dalla FUMAGALLI-CANDY.
Cazzotti, orgoglio e fascio littorio: le armi di Carlo Vichi, patron di Mivar
Davide Bortone ( 08/03/2009 - 11:30:39, Cronaca)
ABBIATEGRASSO - T'accoglie con un pugno al mento, tanto per far capire che lì
dentro è lui che comanda e dirige la 'baracca'. Scostandosi da un gruppo di
lavoratori sottolinea così, con energia perfino eccessiva, un concetto che
ripeterà fino a stancarsi. Fino a convincersi che il cronista l'abbia segnato (e
magari pure sottolineato) sul taccuino: "Gli operai non sono più quelli di una
volta. Fanno quello che vogliono loro. Non c'è più attaccamento all'azienda,
pensano solo allo stipendio. Sentono di poter anche contraddire un loro
superiore, di dar loro dei consigli al capo. Vorrebbero la parità assoluta, il
concetto del superiore non c'è più. Non è così!".
Ed ecco il pugno, accompagnato da un'imprecazione. Carlo Vichi, patron di Mivar,
o lo prendi così com'è. O te ne vai dopo un minuto, quando t'accorgi che esiste
davvero. Mani conserte dietro la schiena, cammina con passo felpato tra i
meandri di un impero che non c'è più, ma che se non è ancora morto e seppellito
è solo grazie alla sua tenacia. Con sguardo vispo cerca ogni possibile
imperfezione dei lavoratori
rimasti a costruire gli ultimi televisori "Made in Italy": gli inossidabili
Mivar, che molti italiani utilizzano ancora oggi.
PERFEZIONISMO FASCISTA
E' un perfezionismo fascista quello di
Vichi, che mostra fiero la spilla col fascio littorio, sulla giacca. "La
situazione è bella qui alla Mivar - dichiara - io sto bene. Ho compito 86 anni e
costruito due stabilimenti che sono unici. La maggior parte dei miei dipendenti
sono in cassa integrazione, uno strumento che non dovrebbe neppure esistere. Mi
chiedo: se viene una grandinata che distrugge i campi di un contadino,
questo se ne va al mare o si rimbocca le maniche per ricostruire tutto da capo?
Sicuramente tenta di rimediare. Ed è quello che dovrebbero fare tutti, qui
dentro. Purtroppo, però, mancano le condizioni". Le condizioni che mancano sono
i componenti dei televisori Lcd, che hanno sostituito sul mercato quelli a tubo
catodico prodotti da Mivar. "Io, come il contadino - continua Vichi - vado
avanti perché se sono al mondo devo essere utile, altrimenti la società
mi rifiuta, giustamente. Cassa integrazione, assenteismo, disaffezione
per il lavoro sono i tre problemi da combattere. Ed è per questo che mi sono
rimboccato le maniche".
MIVAR: UN MIRACOLO MALATO
Se della Mivar "rimane solo un
lumicino", è perché "sono andato a trattare coi cinesi", sostiene Vichi.
"Acquisto i componenti da questa brava gente - evidenzia - che al contrario
degli italiani rispetta ancora i superiori e lavora molto. Poi faccio montare
questi pezzi sui nuovi televisori Lcd Mivar". I componenti, secondo Vichi,
costano 28 euro. Trenta euro tutto il circuito, dai cinesi. "Ma quando vendo
sono comunque in perdita", rivela. "Produciamo 200 televisori al giorno
adesso - continua - prima invece ne facevamo migliaia". Colpa della
concorrenza e del progresso tecnologico inarrestabile. "Gli americani
- chiosa Carlo Vichi - sono bravi due volte: sanno fare bene le cose difficili.
E le sanno far fare a popoli che fino a ieri vivevano col riso".
La Milano Vichi Apparecchi Radio o Mivar è un'azienda produttrice di televisori fondata a Milano da Carlo Vichi nel 1945. L'impresa iniziò l'attività assemblando piccoli apparecchi radio. Anche grazie al successo della televisione si espanse e nel 1963 inaugurò il nuovo stabilimento di Abbiategrasso. Limitando al minimo le spese pubblicitarie, Mivar riuscì ad avere prezzi concorrenziali, inserendosi in un mercato quasi interamente dominato da aziende straniere come quello italiano, ed è una delle poche realtà industriali nell'elettronica di consumo a resistere, non senza difficoltà, alla concorrenza estera.
Negli anni '90 viene inaugurato ad Abbiategrasso un nuovo stabilimento di 120 000 m2, ma l'affermarsi di nuove tecnologie come i monitor al plasma e i monitor LCD ha rappresentato per Mivar l'inizio di una grave crisi. Nel maggio 2005 la Mivar è ricorsa alla cassa integrazione a zero ore per buona parte della sua forza lavoro; ciò al fine di fronteggiare almeno in parte l'impatto che l'affermarsi di un nuovo standard tecnologico sta avendo sul conto economico dell'azienda.
Nel luglio 2008, Voza Jonatan, amministratore di un grande mobilificio di Milano, si riunì con il sindaco di Abbiategrasso, Roberto Albetti e decise di collaborare al consolidamento della Mivar proponendo dei progetti e un piano aziendale realistico, in grado di superare la crisi in breve tempo, ma fu respinto dalla proprietà della Mivar, enunciando forti aspirazioni a fortuite realtà oggettive per il futuro.
Il 3 settembre 2008, nella sede del ministero del Lavoro a Roma, c'è stato il ricorso alla nuova cassa integrazione sino al 2010, evitando così 350 licenziamenti.
Attualmente si producono al giorno 200[1] televisori LCD di 4 differenti modelli, da 20 a 42 pollici progettati all'80% dalla Mivar.